Pogo-Sticking nella SEO: Che Cos’È e Come Gestirlo

Pogo-Sticking nella SEO: Che Cos’È e Come Gestirlo

Mateusz Makosiewicz
Ricercatore nel campo del marketing ed educatore ad Ahrefs, Mateusz ha oltre 10 anni di esperienza nel marketing che ha ottenuto presso agenzie e aziende coinvolte in hardware e SaaS. Quando non scrive, compone musica e si gode lunghe passeggiate.
    Pogo-sticking è un termine utilizzato nell’ambito della SEO per descrivere una situazione in cui una persona naviga rapidamente avanti e indietro tra le pagine nei risultati di ricerca.

    È una situazione che molti di coloro che si occupano di SEO temono sostenendo che questo comportamento venga monitorato da Google e porti a una penalizzazione dei siti che ne sono vittime.

    Ma è vero che Google penalizza il pogo-sticking? E devi davvero preoccuparti? In questo articolo scoprirai tutto su:

    Innanzitutto, chiariamo le cose e tracciamo una linea definita tra pogo-sticking e frequenza di rimbalzo (bounce rate), poiché le persone spesso le confondono:

    • Il pogo-sticking, come definito nell’introduzione, si verifica quando un utente entra in un sito dopo una ricerca organica, quindi dalla SERP (search engine results page), e lo lascia velocemente per tornare alla SERP;
    • La frequenza di rimbalzo si verifica quando un utente accede a un sito da qualsiasi fonte e non esegue alcuna azione su di esso (ad esempio, cliccare su un collegamento, compilare un modulo o inserire un articolo nel carrello). In poche parole, se qualcuno apre questo articolo, lo legge per intero e non fa nient’altro prima di andarsene, si tratta di rimbalzo.

    Letture consigliate: Che Cosa Si Intende per Bounce Rate? Interpretarla e Utilizzarla

    Ci sono molte possibili cause che generano pogo-sticking. Tieni presente che non tutte sono dovute a contenuti o UX (esperienza utente) scadenti.

    Contenuto acchiappaclick

    In questo scenario, una persona accede a un sito che promette troppo e restituisce risultati insufficienti. In altre parole, ci si imbatte in contenuti clickbait.

    Abbiamo avuto tutti a che fare con contenuti di questo tipo online e tutti ci siamo pentiti immediatamente dopo aver cliccato su di essi: “Non ci crederai mai (…)”, “Fai questa cosa per 6 settimane e (…)” “Non vogliono che tu lo sappia (…)” e così via. Quando questo capita, ci sentiamo ingannati, quindi torniamo ai risultati di ricerca.

    Per illustrare questo punto, supponiamo che tu voglia controllare ciò che Internet ha da dire sull’opinione diffusa che la SEO è ormai morta. Ti imbatti in qualcosa del genere (in inglese):

    Bene, l’articolo ci suggerisce di imparare tutto sulla “nuova SEO”.

    Dunque, secondo questo articolo la SEO sembra essere morta. Sembra una grande notizia. E invece di una lezione in 10 passaggi sulla “vecchia SEO”, questo sito offre una lezione in 5 passaggi sulla “nuova SEO”. Ma con tua sorpresa, man mano che vai avanti scopri che la “vecchia SEO” non è davvero morta.

    Questo è clickbait: la sensazione che ti lascia è di volertene andare il prima possibile e non tornare mai più.

    Informazioni sepolte o bloccate

    In altre parole, l’utente non riesce a trovare ciò che sta cercando anche se le informazioni potrebbero essere effettivamente presenti. Il problema è che le informazioni sono sepolte sotto tonnellate di testo, oscurate da un linguaggio confuso o non disponibili per alcuni utenti.

    Ecco un esempio in inglese. Questo screenshot proviene da una pagina Web che è stata uno dei risultati migliori per la frase “turbocharger failure symptoms”. Nella pagina si trova un muro di testo contenente informazioni probabilmente valide ma da nessuna parte si menzionano i sintomi.

    Dunque, i sintomi che vogliamo vedere sono effettivamente presenti ma molto in basso nella pagina. Prima di poter arrivare all’elenco, devi leggere tutto sul turbocharger e l’elenco delle cause che possono provocare guasti. Poiché non esiste una soluzione immediata alla query, la persona non farà altro che tornare sui risultati di ricerca per trovare un’altra pagina.

    Una cosa simile accade quando il contenuto è disponibile solo per gli utenti registrati o messo a disposizione solo dopo aver lasciato la propria email. Il sito potrebbe essere buono e offrire le informazioni di cui la persona ha bisogno ma poiché queste non sono immediatamente disponibili, l’utente non farà altro che tornare ai risultati sul motore di ricerca.

    UX scadente

    In questo scenario, l’utente resta immediatamente sconcertato (o sospettoso) dall’aspetto e dal funzionamento del sito, quindi torna alla SERP.

    Vediamo un esempio. In questo caso non solo il sito si carica lentamente, ma viene anche visualizzato un pop-up piuttosto fastidioso.

    Una UX scadente può essere causata da una serie di cose:

    • Sito lento
    • Annunci fastidiosi
    • Moduli di iscrizione invadenti che coprono il contenuto
    • Layout del sito Web confuso
    • Sito non ottimizzato per dispositivi mobili

    La persona si sta semplicemente guardando attorno

    Il pogo-sticking può verificarsi anche quando un utente sta semplicemente navigando guardandosi attorno e potrebbe non avere intenzione di rimanere a lungo su una pagina particolare. Potrebbe semplicemente voler cercare ispirazione, confrontare i prezzi o provare a ricordare un sito che ha visto qualche giorno prima.

    È irrazionale penalizzare questi siti solo perché un utente ha cercato rapidamente qualcosa che potesse attirare la sua attenzione.

    Altri motivi

    Per illustrare ulteriormente la complessità degli scenari che possono portare al pogo-sticking, consideriamo questa situazione. Diciamo che qualcuno ti ha detto che puoi mettere delle WD40 sulle guarnizioni delle portiere delle auto in inverno per evitare che si congelino. Logicamente, vuoi verificare tali informazioni. Quindi vai a cercarle su Google.

    Quale sito offre i migliori consigli a un utente che cerca queste informazioni in inglese?

    Solo leggendo le descrizioni sotto i link blu, puoi vedere che l’utente ottiene risposte diverse. Questo potrebbe “attivare” il pogo-sticking ma per motivi diversi. E a volte, potrebbe essere quasi colpa di Google.

    • Se l’utente clicca sul primo risultato, probabilmente tornerà indietro abbastanza velocemente perché quel sito riguarda le serrature delle auto congelate e non i sigilli. Potrebbero tornare alla SERP, ma sicuramente non è colpa del contenuto;
    • Che ne dici del risultato n. 4? Dice che puoi usare WD40 per evitare il congelamento delle guarnizioni. Tuttavia, non dovresti farlo troppo spesso. Dopo aver letto questa informazione, l’utente potrebbe tornare alla SERP e cliccare su un altro risultato per verificare tali informazioni. Ancora una volta, questo è pogo-sticking, ma penalizzare qualcuno qui è ingiusto;
    • E se l’utente clicca prima sul risultato numero 6? Magari ha letto lo snippet del risultato numero 5 e sa che grazie al risultato numero 6 potrà ottenere le risposte che sta cercando ovvero “Non mettere WD40 sulle guarnizioni delle portiere dell’auto” (che è probabilmente la risposta corretta in questo caso). Quindi, può tornare alla SERP per trovare un altro sito con questo tipo di informazioni così da verificarle ulteriormente oppure eseguire una nuova ricerca.

    La domanda più importante: il pogo-sticking è un fattore di ranking? Il Pogo-sticking quasi certamente non è un fattore di ranking. Qualche anno fa, John Mueller lo ha confermato durante una sessione di chat in Google Webmaster Central hangout dicendo:

    Cerchiamo di non utilizzare segnali del genere quando si tratta di ricerca. Ci sono molte ragioni per cui gli utenti potrebbero andare avanti e indietro, o guardare cose diverse nei risultati di ricerca, o rimanere solo brevemente su una pagina e tornare indietro. Penso che sia davvero difficile dire “beh, potremmo trasformarlo in un fattore di ranking”.

    Quindi non mi preoccuperei di cose del genere. Quando esaminiamo i nostri algoritmi in generale, quando esaminiamo quali modifiche dell’algoritmo vogliamo avviare, cerchiamo di capire come gli utenti reagiscono a queste modifiche. Ma è qualcosa che osserviamo attraverso milioni di query diverse e milioni di pagine diverse, e grazie a queste analisi cerchiamo di capire cosa sta andando bene. 

    Ma per le singole pagine, non credo sia qualcosa su cui vale la pena concentrarsi.

    Dal punto di vista SEO: non necessariamente. Poiché ci possono essere molte ragioni per cui le persone passano da un sito all’altro, Google quasi certamente non considera il pogo-sticking come un fattore di ranking quindi non c’è motivo per cui dovresti preoccuparti troppo.

    Dal punto di vista del business: potrebbe essere qualcosa da esaminare. Fattori di ranking o meno, probabilmente vuoi che i tuoi utenti rimangano più di qualche secondo sulle tue pagine e interagiscano con ciò che offri.

    Ecco alcuni suggerimenti che possono aiutarti a coinvolgere i tuoi utenti.

    Sistema la UX anche su mobile

    Non tutti i siti devono partecipare a concorsi di design. Se vuoi fornire la migliore esperienza per il tuo utente, fai le cose semplici in modo che ci siano meno distrazioni possibile. Tutto ciò che non è il contenuto che l’utente sta cercando deve essere tolto di mezzo.

    Un modo diretto per migliorare l’UX del tuo sito è correggere l’interfaccia utente (UX). Ecco alcune idee:

    • Elimina i pop-up: questi includono moduli di iscrizione, moduli per uscire da un contenuto, etc. Fai lo stesso per tutti i banner che hanno un impatto sull’interfaccia;
    • Assicurati che il layout del tuo sito web sia chiaro, coerente e utilizzabile: questo è particolarmente importante in relazione alla navigazione sul tuo sito. Avere un sito ben progettato è fantastico ma è più importante non sovraccaricare la capacità cognitiva dell’utente con elementi che non servono a nessuno scopo pratico;
    • Ottimizza il tuo sito per i dispositivi mobili: Il traffico proveniente da dispositivi mobili rappresenta poco più del 50%. Inoltre, Google indicizza e posiziona i contenuti in base alle versioni mobili dei siti (indicizzazione mobile-first).

    Fai in modo che il tuo sito sia veloce

    Ovviamente, a nessuno piace aspettare il caricamento di un sito. E, soprattutto, alcune persone se ne vanno se il sito richiede troppo tempo o se il sito è lento in generale. Alcune persone probabilmente eviteranno le pagine lente se ci sono altri siti simili che forniscono contenuti più velocemente. E in questa competizione, ogni secondo conta.

    Inoltre, se vuoi che i tuoi contenuti si posizionino in alto nella SERP, devi fornire agli utenti i contenuti il più velocemente possibile. Questo perché uno dei fattori di ranking di Google è proprio la velocità.

    Puoi controllare il tempo di caricamento per qualsiasi pagina web utilizzando servizi come PageSpeed Insights.

    Per controllare più siti su larga scala (anche siti di terze parti), puoi utilizzare il Site Audit di Ahrefs. Oltre a mostrare metriche come Time to First Byte, identifica anche i valori legati ai Core Web Vitals (utilizzando le API PageSpeed Insights di Google).

    I numeri in blu indicano le pagine che rientrano nelle categorie riportate nei report. Facendo clic su quei numeri verrai indirizzato a un report che mostra quelle pagine e dei dati aggiuntivi.

    Usa il metodo della piramide invertita

    La piramide invertita è un metodo giornalistico collaudato che mette il “bisogno di sapere” prima del “bello da sapere”. Seguire questa regola aiuterà i tuoi lettori a trovare le informazioni più velocemente. Aiuterà sicuramente il sito sui sintomi di guasto del turbocompressore (turbocharger failure symptoms), di cui abbiamo discusso in precedenza.

    Ad esempio, se stai prendendo di mira una parola chiave per la quale gli utenti cercano principalmente una definizione, probabilmente vorrai partire proprio dalla definizione.

    Ed è proprio quello che abbiamo fatto per il nostro articolo sulla visibilità della ricerca.

    Questo perché dalla SERP in inglese è chiaro che la maggior parte di chi cerca questa parola chiave vuole avere la definizione:

    Usa una formattazione chiara ed elementi visivi

    A nessuno piace trovarsi davanti a un muro di testo, soprattutto online dove la maggior parte delle persone legge contenuti scremandoli. Utilizza queste best practice per rendere i tuoi contenuti più facili da assimilare:

    • Limita la lunghezza a 85 caratteri per riga;
    • Limita i paragrafi a tre o quattro frasi;
    • Usa liste ed elenchi puntati per suddividere blocchi di testo;
    • Usa un carattere leggibile;
    • Colora il carattere in modo che contrasti con lo sfondo.

    Dovresti anche considerare l’utilizzo di elementi visivi per suddividere il testo ove pertinente, specialmente nei contenuti educativi. Infatti secondo uno studio le persone che seguono delle indicazioni dove il testo si sposa con delle illustrazioni fanno il 323% meglio delle persone che seguono testi con indicazioni senza illustrazioni.

    Per chiarire meglio questo punto: quale versione dell’articolo di seguito ha maggiori probabilità di attirare l’attenzione di un lettore? Quello con il grafico o quello senza?

    Di seguito un altro ottimo esempio di come catturare l’attenzione del lettore con elementi visivi rendendo il contenuto facile da scremare e comprendere. Fai attenzione a come la forma di questo articolo è funzionale al suo scopo: spiegare la differenza tra l’influenza e il COVID-19.

    Utilizza link interni pertinenti 

    Alcune query hanno lo scopo di risolvere rapidamente un problema. Altre sono l’inizio di un viaggio di apprendimento su un argomento più complesso e in questi casi un singolo contenuto non può coprire un argomento del genere. Per questo tipo di query, puoi creare un’intera serie di contenuti e collegarli tra loro per guidare l’utente nella giusta direzione.

    Per esempio questa guida sulla SEO per startup è lunga più di 4.500 parole. Ma anche se si tratta di un contenuto piuttosto lungo, non riusciamo a spiegare tutto ciò che c’è da sapere sull’argomento; possiamo però inserire link verso altri articoli che spiegano in dettaglio determinati problemi della SEO, per esempio la ricerca di parole chiave o la SEO tecnica.

    Puoi automatizzare il processo di ricerca di opportunità di link interni gratuitamente utilizzando l’Ahrefs Webmaster Tools. Registrati, scansiona il tuo sito con il Site Audit, e vai al rapporto sulle Opportunità di Link Interni che ti mostrerà importanti opportunità per inserire collegamenti interni sul tuo sito.

    Ad esempio, puoi vedere nello screenshot qui sotto che c’è un’opportunità per linkare la parola chiave “keyword research” nel nostro post sui migliori strumenti per tracciare il posizionamento al nostro post sugli strumenti gratuiti di ricerca per parole chiave.

    Dimostra di seguire le linee guida E‑A-T

    E‑A-T è sinonimo di competenza, autorevolezza e affidabilità. Il concetto arriva dalle linee guida per coloro che si occupano della qualità della ricerca di Google, un documento utilizzato per valutare la qualità dei risultati di ricerca di Google.

    E‑A-T è un concetto SEO ma dimostrare competenza, autorevolezza e affidabilità è sempre una buona idea quando si tratta di contenuti. È un segnale per l’utente che vale la pena leggere (o guardare) i tuoi contenuti. È ancora più importante se i tuoi contenuti ruotano attorno ad argomenti YMYL (Your Money or Your Life), ovvero denaro, salute e sicurezza.

    Ma cosa significa esattamente dimostrare la propria E‑A-T?

    • Competenza significa avere un alto livello di conoscenza o abilità in un campo particolare. In altre parole, si riferisce a contenuti creati da una persona esperta in materia. Se vuoi dimostrarlo, chiedi a degli esperti di creare i tuoi contenuti. Puoi assumerli o accettare guest post da persone che sanno tutto su un argomento specifico; 
    • Autorevolezza riguarda la reputazione, in particolare tra gli altri esperti e influencer del settore. Non c’è altro modo per farlo se non mostrare le tue credenziali. Pensa all’esperienza professionale, alle credenziali accademiche, a conferenze famose, etc;
    • L’affidabilità riguarda la legittimità, la trasparenza e l’accuratezza del sito e dei suoi contenuti. In poche parole, dovresti sempre controllare i tuoi fatti e mantenere aggiornati i tuoi contenuti.

    Per illustrare il mio punto, quale di queste pagine è la migliore fonte per la domanda “Cosa fare quando ti fa male lo stomaco?” Quella in alto o quella in basso?

    Ci sono alcune altre cose che puoi fare per dimostrare l’E-A‑T che riguardano più la SEO che le buone pratiche di creazione di contenuti. Se vuoi saperne di più, dai un’occhiata al nostro articolo sull’E‑A-T e perché è importante per la SEO.

    Mantieni i contenuti aggiornati

    La freschezza è più importante per alcune query rispetto ad altre. Dopotutto, chi vuole le migliori cuffie del 2011 quando si possono avere quelle appena uscite?

    Uno screenshot dei risultati di ricerca per “best headphones” in inglese. Guarda la presenza dell’anno nella maggior parte dei titoli.

    Aggiornare i tuoi contenuti ogni anno (o più spesso) per offrire nuove informazioni è una buona idea se è ciò che i tuoi lettori si aspettano. Questa tattica è da ripetere ogni anno, proprio come fa la rivista Digital Trends:

    Digital Trends aggiorna regolarmente la classifica delle cuffie ogni anno dal 2016.

    Anche noi di Ahrefs aggiorniamo i contenuti regolarmente. Basta guardare i picchi di traffico organico dopo aver aggiornato uno dei nostri post sul blog:

    Conclusioni

    Non preoccuparti del pogo-sticking ai fini SEO. Secondo John, il cosiddetto pogo-sticking non è un fattore di ranking. La sua affermazione ha perfettamente senso se si considerano le possibili ragioni per cui le persone fanno avanti e indietro tra SERP e siti.

    Se vuoi davvero che i tuoi utenti rimangano più a lungo sul tuo sito web, prova uno dei suggerimenti sopra elencati per rendere i tuoi contenuti più coinvolgenti. Alcuni di questi suggerimenti potrebbero anche aiutarti a posizionarti più in alto sui motori di ricerca.

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